— 16 novembre 2012 18:03

BRETON

Breton è una specie di autopsia audio-visiva, decostruisce e riassembla la cultura popolare. Di derivazione squat, inizialmente i Breton si sono formati per produrre film senza però trovare posti accessibili per esibirsi e permettere al collettivo di registrare. Di base a The Lab, una banca di Kennington convertita in un centro creativo dove i cinque membri ora vivono e lavorano, i Breton sono immersi tutto il tempo nella musica e nella realizzazione di pellicole.

BretonLABS è il nome che hanno dato al progetto che si occupa della realizzazione di remix e video musicali, il quale ha permesso loro di lavorare con le seguenti band: Local Natives, Tricky, Maps & Atlases, Esben and the Witch, Temper Trap, Penguin Prison, Tom Vek, 80′s Matchbox B Line Disaster e Flats. Le pellicole dei Breton hanno ricevuto alcune nomination all’East London Film Festival e al London Film Festival, sono stati invitati dal curatore di quest’ultimo festival a presentare un film della durata di 15 minuti che includa le registrazioni fatte durante il corso dell’anno per documentare il loro lavoro all’album di debutto ‘Other People’s Problems’. La band sta anche lavorando al documentario musicale ‘Naming No Names’, da presentare il prossimo anno al Short Film Festival.

Quella dei Breton è un’intensa e ipnotica esperienza, il fatto che la band si esibisca indossando cappucci neri e utilizzando come sfondo i propri film – un matrimonio perfetto tra suoni, ritmo e visual – riflette eroi come Jonathan Glazer, Mike Leigh e Chris Cunningham. Mentre scrive, il quintetto indietreggia dai metodi tradizionali preferendo utilizzare i suoni del loro ambiente come punto di partenza. Cigolii, scricchiolii, sirene, suoni della metropolitana, chiacchierii al Cafè e il ronzio di vecchi strumenti, il tutto racchiuso nella loro musica. “Siamo interessati a rompere gli schemi e non a riproporre gli stessi suoni e accordi già suonati da milioni di altre persone,” ha affermato Roman Rappak. “Noi evitiamo i suoni, le linee e i programmi che stanno già usando gli altri, cerchiamo sempre gli unici suoni naturali… registriamo in stanze differenti, colpendo cose in un pezzo di vetro ad esempio, e facendolo in punti diversi della stanza”.

Il loro album di debutto ‘Other People’s Problems’ è autoprodotto – un avvincente mix di pop, inquietante hip-hop e heavy electronica – la band ha preso con sè il suo fragile Lab-recording digitale ed è volata negli idilliaci studi Islandesi dei Sigur Ros per dare calore e peso all’album. Hauschka ha registrato gli archi, Thomas Hein dei These New Puritans e la leggenda dell’Hip Hop Harry Love hanno compiuto il loro dovere nel mixaggio di tre tracce. Il risultato è tecnicamente complesso ma incredibilmente contagioso. “E’ tutto basato sull’equilibrio. Siamo tutti abituati alla musica elettronica in maniera metodica, così abbiamo deciso di usare queste macchine per tirarne fuori un suono organico e umano scuotendo davvero la gente in un modo interessante. E’ la cosa più punk che si possa fare in musica” afferma Rappak.

I Breton sono composti da: Roman Rappak, Adam Ainger, Ian Patterson, Daniel McIlvenny e Ryan McClarnon.

www.facebook.com/bretonlabs

www.myspace.com/bretonbretonbreton

www.bretonlabs.com/

  • Condividi l'articolo:
  • Facebook
  • Twitter
  • Delicious
  • Digg