A due anni esatti da “Ha Ha Heartbreak”, Warhaus, il progetto solista di Maarten Devoldere, frontman della band indie Balthazar, arriva in Italia per un’unica data con il suo nuovo album in studio. “Karaoke Moon”, questo il titolo dell’album, uscirà il 22 novembre per Play It Again Sam. “Where The Names Are Real” è la prima traccia condivisa.
“Karaoke Moon”, quarto album di Warhaus, inizia modestamente, con la traccia “Where The Names Are Real”. Al ritmo di una chitarra acustica minacciosa, accompagnata da inquietanti cori di sottofondo, sembra quasi che Maarten Devoldere non sia sicuro se dirlo o meno. Ma meno di un minuto dopo, non riesce più a trattenersi: ““Babe, I’m in love with you!”. E ci riesce pure, con quell’aria sovrana tipica di un vero crooner. Poi entrano le percussioni, il tipico basso percussivo di Warhaus prende il sopravvento e l’ascoltatore viene trasportato dal tono sensuale di Devoldere mentre canta del suo amore. È una voce che, più che mai, domina questo album e incanterebbe anche se stesse leggendo un elenco telefonico. Per fortuna, non è così. Invece, sentiamo: “I promise you no dirty tricks”. Per un momento ci si chiede: ci si può fidare di quest’uomo? Ma non si ha altra scelta che credergli. Entrano gli archi, un organo anni ’80 accattivante si insinua nel cervello, e i cori di sottofondo si innalzano sempre più in alto. Così, la luminosa e magistralmente costruita “Where The Names Are Real” lascia l’ascoltatore affamato del resto di “Karaoke Moon”. E giustamente.
Devoldere aveva più di 50 canzoni pronte dopo due anni di lavoro disciplinato, quasi monastico. E cosa gli ha detto il produttore dopo aver ascoltato quei demo? “Meh. Puoi fare di meglio, Maarten. Più profondo, più sorprendente, più curioso.” Dieci anni fa, non lo avrebbe accettato. Ma col tempo, Devoldere ha imparato che conviene fidarsi delle persone giuste. E per persone giuste, intende Jasper Maekelberg. Questi compagni d’anima musicale hanno passato nove mesi insieme in una collaborazione stretta in uno studio mansardato a Bruges. Il risultato è l’album più emozionante di Warhaus fino ad oggi.
Tra le tracce più emozionati, “Jacky N”, una vera e propria sorpresa strumentale. Un semplice motivo di pianoforte elevato a vette meravigliose dal pianista classico Julien Libeer, supportato da un coro maschile ronzante e violini onirici—è come se stesse aspettando un film a cui abbinarsi. In “What Goes Up”, si percepisce una tensione tra mascolinità tossica e fragilità emotiva, con Devoldere che gioca con le convenzioni moderne, mentre Sylvie Kreusch canta provocatoriamente “Down down, up, up”. Questo gioco di ruoli e di riflessioni sulla mascolinità è presente anche in tracce come “Jim Morisson”, dove Devoldere si interroga sulla “Peter Pan syndrome” con ironia: “It takes a man to love you, baby!”
La complessità dell’album emerge ulteriormente in brani come “Zero One Code”, che richiama Herman Hesse e “Red Right Hand” di Nick Cave, e in “Hands of a Clock”, dove il coro finale si unisce gloriosamente a un pianoforte, mentre Devoldere riflette: “I’m a child of the day and a child of the night / but they broke up and fought over me”.
Non manca però l’ironia e il ritmo più leggero, come dimostra “No Surprise”, trasformata da Maekelberg in una sensuale melodia da nightclub, dove si avverte l’influenza di Sade. Kreusch canta innocente: “O, no surprise you took my keys”, e l’atmosfera diventa irresistibilmente ritmica, perfetta per far schioccare le dita.
“Karaoke Moon” è un album che cresce ad ogni ascolto, con le sue melodie accattivanti, il parlando di Devoldere che sfiora il rap e i cori in falsetto. Ogni traccia svela nuovi strati e invita l’ascoltatore a esplorare il profondo e unico universo di Warhaus. Un viaggio musicale tanto intrigante quanto affascinante.
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